I fantastici borghi di Fania -Verezzi

I fantastici borghi di Fania -Verezzi
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“…Meglio che dalla strada, Verezzi si passeggia dai tetti; che non sono tetti, ma terrazzini cotti e ingobbiti dal sole: una discesa movimentata con modesti dislivelli che permette di passare da un’abitazione all’altra.”

Con queste parole Camillo Sbarbaro descrive Verezzi, borgo prediletto in cui trascorse parte della sua infanzia e in cui “la bellezza elevata tra cielo e mare furono da sempre una grande forte di ispirazione per la sua poesia”.

Verezzi è la parte alta di Borgio-Verezzi, antica località ligure poco distante da Savona, che ha conservato intatto il suo fascino di antico borgo in pietra.

Raggiungere Verezzi per godere dello splendido panorama che si estende dalle colline al mare, vuol dire inerpicarsi per una strada tortuosa che si insinua tra le pareti collinari rocciose e lo strapiombo che in un lampo catapulta lo sguardo verso le spiagge.

Arrivati sulla vetta ci troviamo di fronte il borgo con le sue viuzze tra archi e piazzette, sulle quali si affacciano piccole case di pietra secolare, molte di queste ospitanti botteghe, bistrot e piccoli ristoranti tipici.

Passeggiando lungo i viottoli di acciottolato, colpisce la varietà di orti e giardini a terrazza, allietati dal profumo della macchia mediterranea e da un sacrosanto silenzio che fa da cornice alla magia dei luoghi.

Potremmo definire Verezzi un suggestivo palcoscenico che si sporge sul mare, dove l’incanto della piazza principale che ogni estate, trasformandosi in un teatro a cielo aperto, si popola di gente che accorre per assistere al Festival Teatrale, rapisce non solo l’anima ma sgombra anche la mente da tutti i pensieri.

Dall’alto della torre che un tempo costituiva l’osservatorio sicuro da cui “osservare” l’arrivo dei pirati saraceni che infestavano la zona, oggi si può ammirare la splendida costa con lo sguardo perso verso l’orizzonte fin quasi a toccare la Corsica.

I percorsi naturalistici si snodano quasi sempre in salita, passando attraverso gli stretti passaggi tra gli edifici costruiti arroccati uno sull’altro per difendersi meglio dagli attacchi saraceni, ci avvolgono con un mix di profumi irresistibili di timo, lentisco, ginepro, rosmarino e lavanda.

Trascorrere una giornata in un luogo come questo che non stento a definire “di altri tempi”, fosse anche per l’insolita mancanza di frenesia, che si percepisce non appena arrivati, è sicuramente un dono che ciascuno di noi dovrebbe concedersi ogni tanto. Sfuggire dal caos cittadino, dalle pressioni quotidiane per rifugiarsi in luoghi come questo, dove sembra davvero che il tempo si sia fermato, non può che essere rigenerante per l’anima.

Come scrive Camillo Sbarbaro «Si fanno a un tavolo d’osteria i più meravigliosi viaggi». Il piccolo borgo di Borgio Verezzi aveva di fatto per lo scrittore un rilievo maggiore di Parigi, giudicata città grigia, perché era nella sua natura cogliere le cose più vicine.

“Il suo mondo erano appunto le strade di terra battuta, fra ginestre, agavi, salvie e le violette che crescono ai bordi sassosi. Lui faceva parte di quel paesaggio, era essere vivente tra quei muri a secco e quei muriccioli, tra le terrazze con il rosmarino e il basilico, nelle piccole trattorie sparse qua e là e quelle stradine che si inerpicano tra gli ulivi nodosi”.

Diceva Sbarbaro:

“… Io sono, per quel che è dato, un uomo felice perché non ho mai fatto nulla se non con piacere; e anche ricco, avendo più di quanto mi abbisogna. Sbarbaro amava l’isolamento nel quale viveva e non voleva assolutamente venisse turbato. La vita modesta affondava nelle sue radici, nella sua casa, nella sua vita ritirata dove aveva tutto ciò che desiderava senza aver bisogno di nient’altro. Un buon caffè, una passeggiata per procurarsi le verdure che più gradiva, pesce buono, ogni tanto una colazione a Borgio Verezzi

Il poeta pare quasi ricercare un antidoto che possa lenire l’angoscia di vivere. Tutte le volte che il poeta ritorna nella sua terra avverte dentro di sé una particolare comunione con la natura ligure con le sue agavi del litorale, l’aridità di certe zone montane : “unico sollievo un sorso d’acqua alla fonte e qualche spruzzo di schiuma dal mare”

Per una volta non vi parlerò di gastronomia o di cibi di culto, vorrei anzi concludere questa breve descrizione di Verezzi con una poesia che ricorda il “male di vivere” dello scrittore, per dirla con Pavese.

Ora che sei venuta,

che con passo di danza sei entrata

nella mia vita

quasi folata in una stanza chiusa –

a festeggiarti, bene tanto atteso,

le parole mi mancano e la voce

e tacerti vicino già mi basta

C.Sbarbaro, da “Ora che sei venuta” (“Rimanenze”)

Per una volta proviamo a “nutrire” la nostra anima con la poesia di uno dei maggiori poeti italiani, rimandando ad altra occasione ogni altra forma di sostentamento materiale.

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